giovedì 18 giugno 2015

Anna e la metropolitana


Disegno di Caterina Sangregorio


“Non ho mai preso la metro” spiega Anna incantata, mentre scende le scale della stazione Anagnina. “Ti prego stammi vicina” mi dice spaventata stringendomi la mano come fosse ancora una bambina. Quasi lo è, ha 16 anni, ma ha ancora quell'incanto negli occhi, quell'innocenza innata che vorresti possedesse per sempre.
Era appena sorto il sole su quel paesaggio di cemento e su una Roma addormentata in un sabato mattina qualunque. Eppure i suoi grandi occhi azzurri si stupivano di quel posto, che per me aveva come unica attrazione solo un vecchio vagone del tram, messo lì in bella mostra come cimelio storico.
La stazione Anagnina sembrava un formicaio, scout e fedeli, o semplici turisti, che correvano verso il treno con un'unica destinazione: San Pietro. Anna li guardava stupita, sapevano tutti dove andare, mentre per lei era tutto nuovo, Roma, dove non era mai stata, ma soprattutto la metropolitana.
Il viaggio dal capolinea alla fermata di Ottaviano è lungo, tanto lungo, ma Anna con il nasino all'insù non faceva altro che leggere i nomi buffi delle fermate, Porta Furba, Furio Camillo, Re di Roma, Numidio Quadrato.
“Ma noi stiamo passando sotto terra e sopra che cosa c'è?” mi chiede perplessa
“Sopra c'è Roma, ci sono le case, le strade, i negozi, c'è la gente” le rispondo convinta
“E loro lo sanno che noi stiamo passando?” mi fa incuriosita
“Be alcuni sentono il treno che passa”
“Che cosa fantastica” risponde sorridente, come se avvertisse la sensazione di entrare a far parte della vita di uno sconosciuto, anche solo per una frazione di secondo.
Ma le domande non finiscono mica, Anna è curiosa, ne ha mille di interrogativi.
“Maaa perché le fermate si chiamano così? Manzoni non era mica di Roma!” chiosa saccente
“Be si chiamano così per le zone di Roma in cui si trovano, piazze, vie, viali. Per esempio la fermata Manzoni si chiama così perché si trova in viale Manzoni, poi c'è piazza Re di Roma, insomma è questo il senso”, ma non sembra che la mia risposta la soddisfi, perché delusa mi risponde solo “mm” e piega la testa di lato come di solito fa quando una cosa non la convince. Poi il treno riemerge e sfila sopra al Tevere, mostrandole il Vaticano dal finestrino, allora la delusione scompare e lei sgrana gli occhi che si riempiono del paesaggio. Ma dura troppo poco, perché poi ritorna nel buio del sottosuolo e siamo già arrivati. Tutti sono contenti, il sole si scalda e lo sentiamo gradino dopo gradino, ma Anna no. È quasi triste, la metro le piaceva. Ora la folla la spinge e la sua mano continua a stringere la mia...

Non lo ricordo più quando sono salita per la prima volta sulla metropolitana. Ma la sua prima volta non la scorderò mai.

mercoledì 17 giugno 2015

Agapito Malteni il ferroviere



Agapito Malteni era un ferroviere
viveva a Manfredonia giù nel Tavoliere
buona educazione di spirito cristiano
ed un locomotore sotto mano
Di buona famiglia giovane e sposato
negli occhi si leggeva : molto complessato
faceva quel mestiere forse per l'amore
di viaggiare sul locomotore
Seppure complessato il cuore gli piangeva
quando la sua gente andarsene vedeva
perché la gente scappa ancora non capiva
Dall'alto della sua locomotiva
La gente che abbandona spesso il suo paesello
lasciando la sua falce in cambio di un martello
ricorda nei suoi occhi nel suo cuore errante
il misero guadagno di un bracciante



Una tarda sera partì da Torre a Mare
doveva andare a Roma e dopo ritornare
pensò di non partire o pure senza fretta
di lasciare il treno a Barletta
Svelò il suo grande piano all'altro macchinista
buono come lui ma meno utopista
parlò delle città di genti emigrate
a Gorgonzola oppure a Vimercate
E l'altro macchinista capì il suo compagno
felice e soddisfatto del proprio guadagno
e con le parole cercava di calmarlo
fu una mano ad addormentarlo